Anna Ruchat (IT)

Anna Ruchat, nata nel 1959, ha studiato filosofia e tedesco tra Zurigo e Pavia. I suoi esordi letterari sono legati in particolare alla traduzione di «Il respiro e Il freddo» di Thomas Bernhard. Con «Gli anni di Nettuno sulla terra» si aggiudica un Premio svizzero di letteratura. (2022)
Werke (Auswahl)
La forza prigioniera.
passiglieditori, 2021
Ognuno incatenato alla sua ora / Jeder an seine Stunde gekettet.
Giulio Einaudi editore, 2014
Binomio fantastico. Poesie.
Di Felice, 2014
Volo in ombra .
Quarup, 2010
Die beiden Türen der Welt.
Rotpunkt Verlag, 2006
In questa vita. Racconti.
Edizioni Casagrande, 2004
La forza prigioniera
passiglieditori, 2021
Sembra imbavagliata, forzata in una prigione, la poesia segmentata di Anna Ruchat, che anche in questo testo, «La forza prigioniera», ci regala versi incisivi e brevi, che sembrano voler scardinare i confini di uno spazio troppo angusto. La parola diventa quindi momento di scavo e forza primitiva che fatica a sgorgare, che rimane incastrata in uno spazio geometrico che la contiene e la squadra. A volte, tuttavia, riesce a diventare fiume e a espandersi.
Aus: Anna Ruchat. La forza prigioniera. passiglieditori, 2021
Splende così
con l’oro della spada
le ali
raccolte lungo i fianchi
Michele Arcangelo
il suo sguardo antico
è vuoto
ma il piccolo piede
schiaccia
ostinato
il drago della paura
Fr, 27.05.22, 16:00
Ognuno incatenato alla sua ora / Jeder an seine Stunde gekettet
Giulio Einaudi editore, 2014
Der zweisprachige Lyrikband (Übersetzungen von Anna Ruchat) enthält die Quintessenz von Mariella Mehrs dichterischem Schaffen, darunter viele unveröffentlichte Texte. Wie in ihrem gesamten Werk, bringt die jenische Autorin mit betörender Sprachwucht existenzielle Fremdheit, Verzweiflung und Wut zum Ausdruck.
Aus: Mariella Mehr. Ognuno incatenato alla sua ora / Jeder an seine Stunde gekettet. Giulio Einaudi editore, 2014
Steinatem,
er gefriert zur
Niemandslandstille.
Kein Gedankenschatten,
unverrückbar
hält hier Wache und lauscht,
obwohl,
es könnte ein Vogel
schüchtern das Singen lernen.
//
Respiro di pietra
si gela e diventa
silenzio della terra di nessuno.
Non un’ombra di pensiero,
irremovibile
sta di guardia qui e tende l’orecchio.
Eppure,
un uccello potrebbe
imparare timidamente a cantare.
Fr, 15.05.15, 11:00
Sa, 16.05.15, 10:00
Volo in ombra
Quarup, 2010
Dopo il suo felice esordio con i racconti di In questa vita, Anna Ruchat torna alla prosa narrativa con un libro di raffinata costruzione e di grande coinvolgimento emotivo. Volo in ombra racconta la storia del vuoto lasciato in una bambina dell’assenza della figura paterna e del tentativo di recuperarne l’immagine grazie a documenti, testimonianze, voci di altri, fotografie. Il racconto, diviso in tre parti, nelle quali si alternano voci narrative diverse, si inserisce in un filone narrativo tra i più affascinanti oggi, e che rinvia, come modello, ad uno degli scrittori più ammirati degli ultimi anni, W.G. Sebald.
Aus: Anna Ruchat. Volo in ombra . Quarup, 2010
Nel 1959 sono precipitati in Svizzera cinque aerei militari durante il servizio. Quattro dei piloti sono morti. Nel 1960 ne sono precipitati sette. Otto piloti sono morti. Il 1961 è stato un anno fortunato, sono precipitati soltanto due aerei e un solo pilota è rimasto ucciso. Nel 1963 sette incidenti e sei piloti morti.
Dove sei? La bambina è seduta su un muretto e si guarda le scarpe.
Mio padre è caduto il 25 ottobre del 1960, alle 15.55 di una giornata quasi senza nuvole, per un guasto tecnico al propulsore dell’Hunter sul quale volava. È morto anche lui in questa piccola guerra senza battaglie che è durata, in Svizzera, per tutto il secolo scorso e che prosegue, quatta quatta, anche oggi.
Sa, 04.06.11, 17:00
Die beiden Türen der Welt
Rotpunkt Verlag, 2006
Sa, 19.05.07, 11:00
In questa vita. Racconti
Edizioni Casagrande, 2004
Aus: Anna Ruchat. In questa vita. Racconti. Edizioni Casagrande, 2004
Ehi, metti la testa fuori tu che ti nascondi, sono qui, sono morta e voglio raccontare: mi sono sposata abbastanza presto con un uomo buono, non colto ma gran lavoratore, che piaceva in famiglia. A quel tempo volevo soltanto andarmene da casa, sottrarmi alle grinfie di mia madre e al continuo confronto con mia sorella. Lui si fece assiduo in casa nostra, lo pregai, tirami via dal fango, che non ci restassi impigliata e così ebbi un bell’appartamento, mobili in radica, tappeti orientali, tendine di organza alle finestre, una figlia. Avevo sistemato le cose, mi rimaneva però l’intimo inferno di un cuore rappreso che tace la pena e non la conosce. Il mio sorriso era rigido, la mia bellezza difficile. Già allora, il rancore pungeva quando sistemavo i fiori sul tavolo da pranzo per il compleanno di mia figlia. Nessun sentimento saldo mi legava alla vita, temevo le carezze e i gesti d’affetto.
Da ragazza avevo avuto un corpo ingombrante e avrei voluto invece un corpo di gazzella. Avevo digiunato e capito poi che la bellezza non c’entra. Mi preoccupavo del dopo e non vivevo mai nei miei atti, così mi è rimasta un’aria accigliata che non mi ha giovato.